Vai ai contenuti

Lasciamoci raggiungere il cuore dai miracoli - GRAVINAOGGI

Salta menù
Salta menù
Salta menù

Lasciamoci raggiungere il cuore dai miracoli

Politica e cultura
Dieci lebbrosi, James Christensen, Olio e acrilico su tela

Territorio di confine, tra la Samarìa e la Galilea, una regione carica di storie e conflitti: i villaggi che attraversa Gesù non sono per Lui solo punti su una mappa, ma spazi abitati da vite intrecciate, da sogni e paure. Egli sa bene come muoversi in terra di contrasti e me lo immagino sotto il caldo sole, tra i sentieri polverosi, battuti da sandali e speranze, da divisioni e rivalità: un mosaico di vita. E la vita prevede anche ciò che non ci piace guardare, come i dieci lebbrosi, gente da cui stare alla larga. La lebbra non è solo una malattia fisica, è il simbolo di un isolamento sociale, una condanna a vivere ai margini, lontano dagli affetti e dalla comunità.
«Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» gridano. Chissà, forse non cercano solo la guarigione fisica, ma uno sguardo che li riconosca, una mano che possa toccare le loro ferite, quelle invisibili, un segno che la loro esistenza non sia stata dimenticata. Gesù invita i lebbrosi ad andare al Tempio, a camminare, a credere che la loro vita può cambiare anche se la realtà sembra inesorabile. Forse vuol dirci, a tutti noi, che la vera guarigione inizia solo quando ci si muove nella direzione della speranza, anche se incerta. E la guarigione qui avviene davvero: ad ogni passo un pezzo di pelle torna sana e ad ogni passo gli occhi faticano a credere. Tuttavia solo uno di loro, un Samaritano, uno straniero, uno che conosce il peso dell’emarginazione, decide di tornare indietro. Solo per ringraziare, perché é stato toccato dentro: non è solo questione di pelle.
Quando si china ai piedi di Gesù non lo fa perché è stato guarito dalla lebbra, ma perché sente che la sua intera vita, non solo la sua pelle, è stata trasformata. E ringrazia: « Laudato si’, mi Signore...».
E gli altri? Persi nel rumore, presi dall’euforia, dimenticano di alzarsi, di tornare indietro e danno per scontato ciò che è stato loro donato. La gratitudine è cosa rara, soprattutto quando non riusciamo ad accorgerci degli innumerevoli piccoli miracoli che costellano il nostro cammino. Non ci toccano dentro, non avvertiamo la carezza che ci fanno sul cuore. Cuore, non pelle.
Luigi Verdi avvenire.it


Salta menù
Copyright 2005-2025 Gravinaoggi Associazione Culturale - Gravina in Puglia
Torna ai contenuti