L’attesa è il tempo di scelte e decisioni
Politica e cultura

Gioventù ("Costoro dovettero dare di più"), Scultura di Kathleen Scott, Bronzo
Abbazia di Anglesey National Trust/Jaron James
Mi spio a guardare dietro ai vetri per vedere se arriva chi sto aspettando, per corrergli incontro; mi sorprendo carico di speranza prima di un appuntamento importante, così come mi vedo, annoiato, in fila alla posta o in qualche ufficio. Aspettare non è cosa facile, richiede pazienza, attenzione, calma. Significa vivere nel dubbio, cercare con gli occhi, con le orecchie un segnale o un minimo rumore che sia un preannuncio, una scintilla che accenda un barlume di speranza: sta arrivando, ecco, è qui. Ci vuole come sentinelle il nostro Dio, pronte ad affrontare il buio della notte e il freddo delle stelle, capaci di decifrare le più insignificanti minuzie, di scoprire i dettagli del Suo avvicinarsi, i Suoi silenziosi passi. Non è tempo vuoto aspettare, non rappresenta “tempo morto” come noi, abitati dall’impazienza e dalla fretta, siamo tentati di definire: solo una perdita di tempo. Il fiore che attende di diventare frutto maturo non perde tempo, lo culla; il bimbo che cresce nel ventre della madre rispetta il tempo del suo sviluppo per essere così pronto alla vita. L’attesa scava il tempo. E attendere diventa così il tempo delle scelte e delle decisioni, il tempo di vibrare e risuonare con tutti i sensi svegli, di vivere silenziosi e nascosti. Pronti, vestiti di tutto punto per poter correre di slancio, con torce che illuminano i viottoli ed i sentieri dai quali può apparire chi stiamo aspettando. Sentinelle, insomma. Di sicuro le palpebre si chiudono per il sonno, e forte ci afferra la voglia di stenderci un poco a riposare, di chiudere gli occhi e addormentarci: siamo così stanchi di stare nella notte. La nostra fede è così piccola, piena di dubbi e incertezze, vacillante come la luce delle nostre lampade che sembrano spegnersi, soffocate dall’impazienza e dalla fretta, dal voler tutto e subito, in tempo reale. “Siate pronti” ci dice invece Gesù, pronti ad attendere nell’inquietudine di non riuscire a vedere o a sentire, perché fede è cercare, dubitare e cercare ancora: verrà? non verrà? in un alternarsi continuo di dubbi e speranze, di istanti e intervalli. Siate pronti a lasciarvi sorprendere: chi state aspettando sarà il primo a correre tra le vostre braccia, impaziente più di voi di stringervi. E, come sempre, è un Dio che capovolge tutto, non il Dio padrone al quale mettere le pantofole, ma il Dio servo che vi farà sedere a tavola e brindare, colmi di gioia, occhi lucidi di felicità: beati.
Luigi Verdi avvenire.it