In preghiera e azione la radice di noi stessi
Politica e cultura

Cristo nella casa di Marta e Maria, Jan Brueghel il Giovane e Peter Paul Rubens
Olio su pannello, Galleria Nazionale d'Irlanda, Dublino
Povera Marta, sempre additata come colei che non ha capito nulla: Marta l’ansiosa, Marta che si affanna inutilmente, Marta che osa rimproverare Gesù. E giù, tutta una sfilza di giudizi sulla poveretta che sta facendo del suo meglio per far sentire Gesù come a casa: magari sta togliendo quel po’ di polvere dal cassettone, sta rimettendo un po’ in ordine la casa, o sta preparando qualcosa di speciale per il pasto. Per Lui. Per farlo stare bene. Perché ce la siamo presa tanto con lei? Forse per l’eterna attitudine che abbiamo di separare i mondi: lo spirituale dal materiale, l’aldilà dall’aldiqua, l’azione dalla contemplazione, la vita dalla preghiera. Sì, è vero, Gesù le dirà che Maria ha scelto «la parte migliore, quella che non le sarà tolta», ma immagino che Gesù, con uno sguardo un po’ divertito, volesse ricordarle che non bisogna lasciarsi soffocare alle cose, dalle preoccupazioni, anche quelle fatte a fin di bene. Come se le avesse detto: «Resta libera, non lasciare che le cose ti schiaccino, che le preoccupazioni cancellino il gusto di sentirti viva; non dare agli affanni il potere di dimenticare i tuoi sogni e i tuoi desideri. Resta libera». Vuole toglierle un peso dalle spalle, sollevarla dal vortice della frenesia che rischia di strangolarla, di togliere aria alla vita. Povera Marta che si avvita sul suo perfezionismo, dimenticando che il respiro si spezza nei doveri compiuti a puntino e che sempre bisogna lasciare spazio al vento, quel Suo vento che soffia via la polvere, che asciuga il bucato e che porta lontano. Mi rappresentano l’una e l’altra, se ne stanno là abbracciate dentro di me sia Marta che Maria, l’una con la smania di fare cose, l’altra persa nel desiderio di abbandonarsi al sogno di Dio; se ne stanno impastate nel mio cuore le due sorelle, l’una seduta ai piedi di Gesù, l’altra a correre indaffarata per la casa, una a lasciarsi stupire da Dio e l’altra a credere che Dio abbia bisogno di lei. Troppo spesso dimentico che Lui è venuto per servire e non per farsi servire, e che non ha bisogno di servitori, ma di amici che lo ascoltino, gli scaldino il cuore, di amici con cui condividere quel piccolo angolo sacro che ancora mi porto dentro. Quell’angolo di cielo che nessuno potrà mai portarmi via. Insieme, solo insieme faremo riecheggiare la musica di Dio, la Sua libera armonia: Lui vento e io zufolo nelle sue mani.
Luigi Verdi avvenire.it