Il vivere la bellezza è liberare la luce in noi
Politica e cultura
						 
						Giovanni Bellini, La
						Trasfigurazione, Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte
Molte chiese orientali
						custodiscono sulle pareti un percorso di fede per immagini, alla fine del
						quale, o dipinta sulla cupola centrale nel punto più alto, o raffigurata come
						mosaico dorato a riempire di luce l'abside dietro l'altare, vertice e traguardo
						dell'itinerario, l'immagine della Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, con i tre
						discepoli a terra, vittime di stupore e di bellezza.
						
						Un episodio dove in Gesù, volto
						alto e puro dell'uomo, è riassunto il cammino del credente: la nostra meta è
						custodita in una parola che in Occidente non osiamo neppure più pronunciare, e
						che i mistici e i Padri d'Oriente non temono di chiamare "theosis",
						letteralmente "essere come Dio", la divinizzazione.
						
						Qualche poeta osa: Dante inventa
						un verbo bellissimo "l'indiarsi" dell'uomo, in parallelo
						all'incarnarsi di Dio; oppure: "io non sono/ancora e mai/ il Cristo/ ma io
						sono questa/infinita possibilità". (D.M.Turoldo). Ci è data la possibilità
						di essere Cristo. Infatti la creazione intera attende la rivelazione dei figli
						di Dio, attende che la creatura impari a scollinare oltre il proprio io, fino a
						che Cristo sia tutto in tutti.
						
						Salì con loro sopra un monte a
						pregare. La montagna è il luogo dove arriva il primo raggio di sole e vi
						indugia l'ultimo. Gesù vi sale per pregare come un mendicante di luce,
						mendicante di vita. Così noi: il nostro nascere è un "venire alla
						luce"; il partorire delle donne è un "dare alla luce", vivere è
						un albeggiare continuo. Nella luce, che è il primo, il più antico simbolo di
						Dio. Vivere è la fatica, aspra e gioiosa, di liberare tutta la luce sepolta in
						noi. Rabbì, che bello essere qui! Facciamo tre capanne.
						
						L'entusiasmo di Pietro, la sua
						esclamazione stupita: che bello! ci mostrano chiaramente che la fede per essere
						visibile e vigorosa, per essere pane e visione nuova delle cose, deve
						discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un 'che bello!' gridato a
						pieno cuore. È bello per noi stare qui. Esperienza di bellezza e di casa,
						sentirsi a casa nella luce, che non fa violenza mai, si posa sulle cose e le
						accarezza, e ne fa emergere il lato più bello. "Tu sei bellezza",
						pregava san Francesco, "sei un Dio da godere, da gustare, da stupirsene,
						da esserne vivi". È bello stare qui, stare con Te, ed è bello anche stare
						in questo mondo, in questa umanità malata eppure splendida, barbara e
						magnifica, nella quale però hai seminato i germi della tua grande bellezza.
						
						Questa immagine del Tabor di luce deve restare viva
						nei tre discepoli, e in tutti noi; viva e pronta per i giorni in cui il volto
						di Gesù invece di luce gronderà sangue, come allora fu nel Giardino degli
						Ulivi, come oggi accade nelle infinite croci dove Cristo è ancora crocifisso
						nei suoi fratelli. Madre della grande speranzaErmes Ronchi, novena.it