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Gesù entra poi in Gerusalemme

Politica e cultura
L'inizio del Vangelo di oggi, con l'episodio dei discepoli che si procurano l'asinello, è ricco di richiami al Vecchio Testamento e di riferimenti alla regalità di Gesù. Una regalità pacifica e per questo non umanamente ipotizzabile come duratura e universale. Su quel “puledro, figlio di una bestia da soma” Gesù entra poi in Gerusalemme, circondato da ali di folla festante.
Dagli “Osanna” della Domenica delle Palme alla solitudine del Venerdi Santo passa poco ed è un cambio di scena sul quale vale la pena di ragionare, proprio oggi, nel giorno del tripudio. Gesù lo dirà a Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo». E tuttavia gli stessi discepoli, su questo più volte rimproverati dal Signore, e la folla osannante di oggi dovevano intenderlo proprio in questo modo. Se il venerdì di passione spariscono tutti sembra infatti la conferma di quali fossero le speranze: aspettative terrene che, una volta deluse, producono gli effetti umani che la storia continuamente ci mostra, fra i quali, naturalmente, l'infedeltà verso chi è stato sconfitto.
Di lì a poco Gesù salirà sulla croce, simbolo di sconfitta totale. Eppure, mentre tutti i regni e gli imperi umani crollano, il regno di cui Egli è re si è davvero esteso nello spazio e nel tempo. Alla luce di quanto accaduto nei secoli successivi, è interessante riflettere sulle considerazioni che Napoleone Bonaparte, proprio un “grande” secondo il mondo, faceva alla sera della propria vita: «Potete concepire un morto che fa conquiste con un esercito fedele e del tutto devoto alla sua memoria? Potete concepire un fantasma che ha soldati senza paga, senza speranza per questo mondo e che ispira loro la perseveranza e la sopportazione di ogni genere di privazione? Questa è la storia dell'invasione e della conquista del mondo da parte del cristianesimo».
La debolezza di Dio è davvero più forte di tutta la forza dei grandi della terra.
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