Fai posto a tavola soprattutto agli ultimi
Politica e cultura

Domenico Fiasella, La Cena a casa di Simone il Fariseo, Museo di Palazzo Reale – Genova
Non ci sono titoli, onori o privilegi che tengono nel regno di Dio, neanche basta esser parenti o amici o ricchi vicini a cui si deve riguardo. Nel regno di Dio non sono queste le cose che contano: è un regno affollato di poveracci, di storpi, ciechi e zoppi, gli esclusi dalla vita sociale e religiosa; di tutti quelli che non vogliamo, che ci fanno fare brutta figura, forse anche un po’ puzzolenti, e di certo malvestiti e impolverati. Non un posto dove contano i lustrini e le firme della moda: lo stile di Dio è diverso, Lui riserva i primi posti a chi non ha niente, ai “vuoti” della terra che niente hanno per ricambiare, vuoti a perdere. Ha un altro stile Dio; alla sua tavola preferisce portare quelli che non potranno dare niente se non il loro grazie: sono i suoi preferiti, sta dalla loro parte da sempre “…Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili…” (Lc.1,51-52) Chi sta sotto va sopra, chi sopra passa sotto, chi è primo arriva ultimo e viceversa, Lui nasconde ai sapienti e rivela ai miseri: è questa la logica sottosopra di Dio e Gesù oggi ne approfitta ancora una volta per sconvolgere i farisei, tutta “gente per bene”, quasi stilisti dei modi di fare, che si azzuffano per il posto migliore, quello più in vista, quello che tutti ti invidiano. Ma figuriamoci se Lui si lascia abbagliare da queste sciocchezze, se si fa incantare da tutte le variegate forme di potere. Lui le sue scelte le ha fatte: “Chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,26-27). Sì, lui sceglie il pubblicano che a stento osa entrare nel tempio, la vedova che mette vergognosa solo pochi spiccioli tra le offerte, l’adultera che tutti vogliono lapidare in nome della buona creanza. Lui, soprattutto, ha scelto di farsi piccolo e di morire per stare dalla nostra parte, la parte dei più poveri. Lui sa come si ama: incondizionatamente, che vuol dire senza motivo, senza meriti, senza ragione. Follemente. Non è una lezione di galateo quella che oggi ci dà Gesù, non è un “cedere il posto” in nome di una falsa cortesia, ma un invito a scoprirci “humus”, “Imparate da me, che sono umile di cuore” (Mt.11,28): umile, cioè terreno buono e fertile e solo così saremo beati, perché avremo imparato un po’ come si ama. Alla sua tavola, a quel banchetto festoso c’è da far posto a tutti: li vedo già i Suoi occhi felici per tutto quel trambusto.
Luigi Verdi avvenire.it