Dare e avere. I conti di Dio non sono come i nostri
Politica e cultura
						 
						"Gesù discorre con i Discepoli" Duccio da Boninsegna
Domenica scorsa Gesù aveva proiettato nel cielo della
						pianura umana un sogno: beati voi poveri, guai a voi ricchi; oggi sgrana un
						rosario di verbi esplosivi.
						
						Amate è il primo; e poi fate del bene, benedite, pregate. E
						noi pensiamo: fin qui va bene, sono cose buone, ci sta. Ma quello che mi
						scarnifica, i quattro chiodi della crocifissione, è l'elenco dei destinatari:
						amate i vostri nemici, i vostri odiatori, gli infamanti, gli sparlatori. Gli
						inamabili. Poi Gesù, per sgombrare il campo da ogni equivoco, mi guarda negli
						occhi, si rivolge a me, dice al singolare: “tu”, dopo il “voi” generico. E sono
						altre quattro cicatrici da togliere il fiato: porgi l'altra guancia, non
						rifiutare, dà, non chiedere indietro. Amore di mani, di tuniche, di pelle, di
						pane, di gesti. E di nuovo ti costringe a guardare, a cercare chi non vuoi: chi
						ti colpisce, chi ruba il tuo, il petulante furbo che chiede sempre e non dà
						mai.
						
						Nell'equilibrio mondano del dare e dell'avere, Gesù
						introduce il disequilibrio divino: date; magnificamente, dissennatamente,
						illogicamente date; porgete, benedite, prestate, ad amici e nemici, fate il
						primo passo. Come fa Dio.
						
						Questo Vangelo rischia di essere un supplizio, la nostra
						tortura, una coercizione a tentare cose impossibili. E così si apre la strada a
						quell'ipocrisia che ci demolisce. Nessuno vivrà questo Vangelo a colpi di
						volontà, neppure i più bravi tra noi. Ma solo attingendo alla sorgente: siamo
						nel cuore di Dio, questa è la vita di Dio. In cui radicarsi. Di cui essere
						figli. Poi Gesù indica la seconda origine di tutti questi verbi di fuoco: ciò
						che volete che gli uomini facciano a voi, fatelo voi a loro. Come una capriola
						logica, rispetto a ciò che ha appena detto, ma che è bellissima: non volare
						lontano, torna al cuore, al desiderio, a tutto ciò che vuoi per te: abbiamo
						tutti un disperato bisogno di essere abbracciati, di essere perdonati, di uno
						almeno che ci benedica, di una casa dove sentirci a casa, di contare sul
						mantello di un amico. Ho bisogno di aprire le braccia senza paura e senza
						misura. Ciò che desideri per te, donalo all'altro.
						
						Altrimenti saprai solo prendere, possedere, violare,
						distruggere. L'amore non è un optional. È necessario per vivere, e per farlo
						insieme. In quelle parole, penetranti come chiodi, è nascosta la possibilità
						perché un futuro ci sia per il mondo. Nell'ultimo giorno il Padre domanderà ad
						Abele: cosa hai fatto di tuo fratello Caino? Ho perdonato, gli ho dato il
						mantello, ho spezzato il mio pane. La vittima che si prende cura del violento e
						insieme forzano l'aurora del Regno. Solo un sogno? Vedrai, verranno a mangiare
						dalle tue mani il pane dei sogni di Dio. È già accaduto. Accadrà ancora.Ermes Ronchi, novena.it