Vai ai contenuti

Chi è umile incontra veramente il Signore - GRAVINAOGGI

Salta menù
Salta menù
Salta menù

Chi è umile incontra veramente il Signore

Politica e cultura
Il fariseo e l'esattore delle tasse. Adriaen Collaert, Lucas e Martin De Vos, Rijksmuseum, Amsterdam

Non c’è che dire: proprio una brava persona, una di quelle che fa tutto a puntino, impeccabile nei modi, perfetto nel seguire le prescrizioni. A lui nulla sfugge, nemmeno gli errori degli altri che diventano gli scudi per la sua presunta perfezione. Visto dall’esterno, di cosa mai si potrebbe accusare un personaggio simile? È così pulito, profumato, ineccepibile. Meno male che non è come tutti gli altri. Dall’altro lato invece c’è chi non osa neanche avvicinarsi troppo, chi si ferma sulla soglia del tempio e neanche alza lo sguardo: troppo acuta la consapevolezza dei suoi errori, troppo rosso il suo viso per la vergogna dei suoi sbagli. Solo questo è in grado di dire: «Lo so che ho peccato, ma tu puoi perdonarmi; lo so, lo sento». Questo basta a Dio: non i meriti, ma lo smarrimento davanti alle nostre imperfezioni; non lo sbandieramento dei propri requisiti, ma la consapevolezza della propria fragilità. Chi tornerà “giustificato”, cioè riconosciuto come giusto: il fariseo abbagliato da sé stesso, in perenne contemplazione delle propria bontà d’animo, o il pubblicano che si è messo nudo davanti a Dio mostrandosi nella sua debolezza? E quella del fariseo è davvero una preghiera o non è piuttosto un superbo declamare la sua superiorità? Quanto dista da quella, invece, la preghiera del pubblicano! Poche parole nude e crude, che sgorgano sottovoce, appena un soffio o un battito di cuore. E come assomiglia, questo pubblicano alla povera vedova che mette tutti i suoi spiccioli nel tesoro del tempio: stessa umiltà, stesso nascosto bisogno di passare inosservato, perché consapevole della propria pochezza. Come allora Gesù ha occhi che non si accontentano di guardare in superficie, i suoi sono occhi che scavano dentro, che bucano il cuore; occhi di fuoco che brucia la paglia delle parvenze, che incendia titoli e curriculum. «Non fa favoritismi» Dio (Sir. 35,12), non gli interessano le caselle che abbiamo barrato per piacere ai suoi occhi. Egli ama chi trema, chi fatica, chi suda, chi si riconosce debole e ferito, chi si affida a Lui perché sa di non avere altro. Di non aver di meglio. Ed  è forse proprio questo il significato delle ultime parole del Vangelo di oggi: «Chi si umilia sarà esaltato». Non l’inno dell’autosvalutazione, non l’apologia della falsa modestia, ma l’abbandono fiducioso a un Padre, a cui dire: «Abbi cura di me».
Luigi Verdi avvenire.it



Salta menù
Copyright 2005-2025 Gravinaoggi Associazione Culturale - Gravina in Puglia
Torna ai contenuti