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A margine della parabola della zizzania

Politica e cultura
A proposito del termine “zizzania” ho consultato il vocabolario Treccani ed ho trovato tale definizione: “Pianta graminacea (Loliumtemulentum), che infesta i campi di cereali, particolarmente nota per la parabola evangelica, detta appunto la parabola della zizzania (Matteo 13, 24-30). Wikipedia suggerisce: “specie botanica annua del genere Lolium, spontanea e infestante fra le messi”. Gesù se ne serve per caratterizzare il male, il peccato e dice che un nemico, di notte, ha seminato appunto la zizzania nel campo dove era stato seminato il buon grano. L’interrogativo che mi sono posto, per tutta la giornata della XVI domenica del Tempo Ordinario Anno A, è il seguente: La parabola della zizzania è riferita da Gesù solo per la vita spirituale di ogni credente, oppure deve essere estesa alla vita sociale di ogni Stato politico del nostro mondo? Lo Stato, di per sé, nella maggior parte dei Paesi del mondo non è confessionale, prescinde da condizionamenti di dottrine religiose e si fonda su una Carta Costituzionale che sancisce i diritti e i doveri dei cittadini o sudditi, almeno dove si respira aria democratica. Per cui si dice che lo Stato è di per sé laico ed applica il Codice di Diritto Penale, punendo chi infrange la legge, seppur dopo l’accertamento della colpa più o meno grave, mediante un regolare processo.Insomma la punizione arriva prima o poi e non si attende la “mietitura evangelica” cioè la fine dell’ esistenza terrena quando Dio, giusto giudice darà a ciascuno secondo i meriti, il castigo (dannazione) o il premio (la redenzione). Allora verrebbe da pensare che la parabola della zizzania non è applicabile alla società terrena ma solamente alla vita spirituale di ogni credente in Cristo. La parabola in tal senso starebbe a disciplinare il rapporto tra il Creatore e tutte le creature capaci di intendere e di voler compiere il bene. La vita in realtà ci mostra che esiste il bene e il male. Dio non interviene subito con la punizione, paziente e misericordioso lascia tutto il tempo agli uomini per ravvedersi e ritornare sulla via del bene prima del trapasso alla vita eterna. I sudditi del padrone del campo vorrebbero intervenire subito per estirpare la zizzania, ma il padrone non è dello stesso avviso, dice di lasciar convivere il grano (il bene) e la zizzania (il male), fino al tempo della mietitura quando saranno separati per conservare il grano nel granaio e bruciare la zizzania raccolta in fastelli. Ma c’è una logica razionale in tutto questo? Pare proprio di sì: Se la pazienza di Dio non fosse venuta in aiuto, la Chiesa non avrebbe avuto né l’evangelista Matteo (pubblicano, esattore delle imposte e considerato peccatore dagli Israeliti), né l’apostolo Paolo (accanito persecutore dei primi cristiani). Grazie alla pazienza di Cristo essi sono due fari luminosi del Cristianesimo. Questa logica razionale tiene conto che l’uomo è capace di imprevedibili esiti. Nel campo spirituale nessuno dovrebbe farsi giudice e condannare il prossimo, solo a Dio compete questo compito. Ma c’ è posto per tale logica anche per il cosiddetto campo civile? Certamente, dopo l’ Illuminismo, l’etica cristiana ha esercitato la sua influenza nello Stato civile. Un esempio eloquente è l’opera di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene” pubblicato nel 1764 in cui campeggia il concetto che ogni uomo, quantunque malvagio, è redimibile. Questo principio ha portato i giuristi del tempo a riconsiderare la pena di morte largamente applicata. Resta fondamentale che nella società civile chi sbaglia deve pagare il fio, come nel caso di omicidio intenzionale conl’ergastolo. Dio, lento all’ira,  insegna all’uomo ad essere “paziente e misericordioso” come è Lui. Lo Stato civile non deve abolire la pena o assolvere sempre il condannato, ma deve considerare anche il suo ravvedimento e ricorrere a lenire la pena, all’indulto e persino all’amnistia quando, dopo lunga carcerazione, la buona condotta del condannato mostra evidenti segni di conversione.
Prof. Pietro Elia

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