Dio, fragile nell’amore, ma forte nella vittoria
Politica e cultura

Ingresso di Cristo a Gerusalemme, Sir Anthony van Dyck, Olio su tela, Museo d'arte di Indianapolis
Ce lo ha fatto capire fin dal principio, quando ha scelto di venire sulla terra non bardato di corazze e fulmini, ma nascosto nella tenera pelle di un bambino, profumata di latte e carezze. Ce lo ha dimostrato in tutta la sua vita, quando ha avuto sonno, sete, fame e stanchezza; quando ha provato il bisogno di appoggiarsi agli amici, quando non è riuscito a frenare le lacrime dinanzi all’amico morto o sulla città che lo avrebbe ucciso e quando ha avvertito l’ombra gelida della morte. Non è mai stato freddo e imperturbabile, non ci ha mai dato l’immagine di un Dio spavaldo, a cui non trema il cuore, ma di un Padre che corre incontro “commosso” al figlio che credeva perduto. Un Dio capace di piangere, un Dio fragile. Fragile fino alla morte. La chiamano Passione di Gesù: nella nostra lingua il termine passione significa anche inclinazione, trasporto, desiderio, afflizione e intensa sofferenza. Tutti significati che stanno qua, in queste pagine di vangelo che ci parlano di un Dio così appassionato da morire scusando, che è più che perdonare: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”; un Dio così appassionato che continua a voler bene ai suoi amici nonostante i tradimenti e l’abbandono; un Dio che fa di un brigante il primo e sicuro santo della Chiesa. Forse è proprio l’amore che lo rende così fragile. In tutto il suo processo, celebrato con l’accusa di essere un agitatore politico, non si difende, questo Dio fragile, Lui non alza la voce, “Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori…” (Is.53,7) e ai suoi amici, per ritrovarlo, non lascia che un pezzetto di pane e un sorso di vino ed un consiglio: “Chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve.” Lui che ha benedetto ciò che tutti temono, la povertà, la fame, la sete, le lacrime; Lui che ha amato ciò che il resto del mondo disprezza; Lui che si è scagliato contro l’ingiustizia e il potere che rende schiavi, oggi sembra sopportare tutto questo, come uno qualunque, come uno di noi, come l’ultimo di noi. Un Dio difficile da accettare oggi, un Dio che scandalizza: troppo debole, troppo uguale a noi, così fragile da morire. E se a noi viene da chiederci “Dove sei Dio?” anche Lui, nel momento più duro, ha gridato:“…Perché mi hai abbandonato?” Un Dio abbandonato da Dio è scandaloso per chi crede che si vince solo trionfando o affermando prepotentemente la propria verità, calpestando con la violenza il più debole; per quelli che credono in un Dio che mette la legge al di sopra dell’amore, in un Dio immobile, impenetrabile, che fa paura. “Si fece buio su tutta la terra…il velo del tempio si squarciò…” Fragile da morire è il nostro Dio, oggi, ma Lui sa che il trionfo definitivo sarà della vita che esploderà, nonostante i sepolcri sigillati, nonostante i soldati di guardia. Sarà una vibrazione d’amore, quello stesso amore che lo ha reso così fragile.
Luigi Verdi avvenire.it