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L'uomo sul filo a Gravina

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Era già pronto sul cornicione del palazzo del Principe, quando arrivai in piazza e la gente affluiva da tutte le stradine, richiamata dalla novità della serata. Un tale che camminava sul filo teso fra due case non arrivava tutti i giorni e perciò bisognava assistere al suo spettacolo insolito e straordinario. C’era per fortuna una rete tesa sotto la corda di acciaio e questa tranquillizzava le persone più emozionabili. Or dunque quell’omino in maglia, come un acrobata, prese a passeggiare sul filo, mantenendosi in equilibrio con un’asta pesante (aveva un rigonfiamento alle due estremità). E io a seguirlo col viso in alto e col cuore in gola. Ogni tanto faceva finta di precipitare da quell’altezza e allora il mio cuore subiva uno schianto. Avrei voluto andarmene, sguisciare inavvertitamente attraverso quella folla compatta, ma c’era qualcosa che mi teneva lì fermo: il desiderio di continuare a vedere lo spettacolo e il timore di vedere quel virtuoso cadere da un momento all’altro. Ma quell’omino coraggioso non cadde e riuscì trionfalmente a raggiungere il cornicione del palazzo opposto e a sedersi per prendere respiro, mentre dal basso si innalzava un nutrito battimano e qualche grido di plauso. Poi l’acrobata riprese ad andare su e giù e ogni volta si esibiva in numero diverso: con una piccola bicicletta, con dei falcioni legati alle gambe, con dei canestri tenuti fermi ai piedi. E ogni volta superava brillantemente la prova, buttando dall’alto, compiaciuto, gli arnesi da lavoro, nella rete sottostante. E il pubblico lì, pronto ad applaudirlo, a non lesignarli il suo consenso. Lo spettacolo sembrava finito e invece quell’omino trasporta al centro della corda un piccolo tavolino, una piccola sedia e s’imbadisce una piccola cena. Fu l’ultimo numero, difatti cominciarono a girare fra il pubblico delle ragazze truccate con dei piccoli vassoi per la raccolta delle offerte. E prima che l’acrobata si calasse dall’alto con una fune, dopo aver fatto cadere gli ultimi attrezzi del suo pericoloso mestiere, la folla si diradò lasciandomi solo sotto la corda e la rete inutilmente protesa.

Francesco Mastrogiacomo

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