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La magia popolare nell'Italia meridionale I parte

Manifestazioni

Magia popolare


La conservazione di usi, costumi, riti, credenze, superstizioni, fascinazione, pregiudizi, che talvolta risalgono indietro di parecchi secoli, anzi di millenni (definiti dal Vico “i rottami di antichità”), ha assunto grande importanza, giacché l'attuale perdurare di antiche forme di vita e di cultura, testimonianze di un passato assai remoto, è un fatto di un significato e di un valore veramente notevoli. Il Cocchiera, ad esempio, studiando il motivo del “mondo alla rovescia”, che ha dato luogo fino ai nostri giorni a tutta una produzione figurativa e letteraria di carattere popolare, ne ha ritrovato antecedenti persino nelle antiche civiltà degli Ittiti e degli Egizi. I caratteri più marcati e di sopravvivenza di questa cultura popolare si sono sviluppati, nel passato, nel nostro territorio delle regioni meridionali, alcuni riti e credenze racchiusi, infatti, in comportamenti, segni, simboli che in una determinata epoca vengono relegati ai subalterni al rango di non ufficialità e che, in effetti, diventano più flessibili, con carattere di improvvisazione, si presentano nel nostro tempo. La nostra ricerca si rivolge al mondo della Magia popolare nel nostro meridione, ponendo l'uomo di fronte al mondo circostante, ignorato nelle sue dinamiche scientifiche e considerato animato da misteriose forze preternaturali proprio perché la conoscenza della natura e delle sue leggi era ancora del tutto sconosciuta all'uomo primitivo, il quale non poteva trasformare il tempo atmosferico, come la pioggia, il sole, il vento, il caldo, il freddo, attraverso la manipolazione del suo volere o prodotti delle sue mani, e li considerava con semplice credulità opere di Magia. Esaminando questo aspetto della magia nell'area delle regioni meridionali d'Italia, dobbiamo convenire che a questo mondo magico è d'obbligo il confronto, nel nostro percorso, con la medicina popolare e demojatrica che presenta una estesissima serie di credenze, usanze e pratiche spesso strane o addirittura assurde, insieme con gli avanzi dell'antica scienza medica ufficiale, ormai superata, e con concetti e applicazioni collegati con la superstizione e la religione, molte volte combinate tra loro nella vita dei subalterni. E’ vero che nella medicina popolare il popolo, con la sua esperienza diretta, era arrivato da sé a scoprire l'efficacia terapeutica di certe sostanze e modi di cura. Ma in realtà, quasi mai si può fare una netta separazione della medicina popolare tra il frutto di secolare esperienze e il risultato dell'applicazione dei principi della magia o di credenze collegate con la superstizione e la religiosità popolare. Il collegamento della magia con la religione affonda le radici nei Magi (che prendono il nome da magia), sacerdoti persiani che praticavano anche la guarigione e l'uso dei poteri soprannaturali; essa viene divisa in magici bianca che ha scopi benefici, e magia nera, dai poteri diabolici e con fini malefici. Vi è poi una magia omeopatica sul principio che il simile produce simile, e una magia contagiosa, sul principio che basta anche un momentaneo contatto, perché una forza benefica o malefica si trasmetta da una persona ad un'altra. Alla prima appartengono le pratiche contro la siccità, che consistono, tra l'altro, nel gettare acqua sulla statua del Santo: cosi pure, nell'avellinese, quando il raccolto, per la grave siccità, rischia di rendere vane le fatiche dei contadini, ecco che si ricorre a San Vito per implorare la sua protezione; o l'altra abruzzese per guarire il mal di milza, di appendere una milza di agnello sotto il camino, e credere che il male regredisca man mano che si dissecca; o anche le danze rituali contro le presunte conseguenze del morso della tarantola in Puglia. La “tarantola” aggredisce le lavoratrici dei campi quando il sole svampeggia sulla testa: come se la terra in fermento contagiasse i suoi inquietanti impulsi alle donne nel momento del riposo pomeridiano sotto gli alberi o all'ombra dei muriccioli. Quando la tarantola “prende” (il fenomeno è diffuso nei borghi più isolati). Nei rituali che la accompagnano si mescolano scongiuri e preghiere senza descriminazioni. Formule, invocazioni, applicazioni d'erbe valgono contro i vermi, i dolori del parto, i mali del fegato e dell'intestino, e presuppongono guaritori e guaritrici che spesso sono anche fattucchieri. Ecco una cura contro il dimagrimento e l'esaurimento. Sul dorso della paziente si applica erba di muro con lardo battuto, con questa formula: “Santo Rasso, Santo Rasso, t'o dongo sicco, dammillo grasso!”. Dopo di che l'impiastro si seppellisce nella strada, accanto a una nicchia con una sacra immagine. Molte malattie sono spesso causate dal malocchio. L'idea che un essere umano possa, di sua volontà, da lontano o da vicino esercitare un influsso pernicioso su altri esseri umani, sugli animali e sulle cose è antichissima. La jattura, al contrario, è un maleficio involontario. “E’ un fatto naturale — scrive il Croce - ma naturale-psicologico». Nel 1787 il giureconsulto napoletano Nicola Valletto scrisse con molto impegno la “Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura”, un libretto che ancora oggi si legge con interesse, e che mostra, per altro, quanto, fin da quell'epoca, fosse sentito il problema. Oggi, come allora, lo jettatore manda ogni cosa, ogni progetto in malora; tutto fallisce per colpa della sua presenza fisica in un luogo o in un affare. Efficace difesa contro la persona jettatrice, che non si deve nominare mai, sono il corno di corallo, il toccar ferro, il far le coma con la mano; utile è l'esclamazione “sciò sciò, ciucciuvettole!”. Quasi spenta è la credenza nelle malefiche streghe che a Benevento dal Quattrocento al Settecento tenevano frequenti adunanze notturne in compagnia di diavoli. Si crede ancora, invece, nei “munacielli”, spiriti folletti capricciosi e molesti, rivelatori di tesori nascosti e nel lupo mannaro, il terrore di grandi e piccini. Le forze diaboliche tormentano e assillano gli uomini, ma non disdegnano di misurarsi con i santi. Ecco, per esempio, Sant'Antonio alle prese col diavolo in una poesia popolare raccolta a Teano dal De Monaco:

Sant'Antuonu ricco ricco,
Cittadino re Nagitto,
Era nobile signore
Era gran prerecatore;
Prerecava 'nchella città
Cu 'na vera 'ntenzione
Sempre Dio slea a numinà.
'Nn remmonio tentatore
quantii ciù ru ia a tenta:
- Jenci Antuonu e viene cu me,
Gran cavaliere (e vogliu fa;
Tè l'accio cavaliere
Cn denari 'nquantità.
Sanl'Antuonu ch'uvea la tere
Issu aurienzia n'ce ne reva
Ru bruttu ru verette,
Assai bruttissimo se fa:
- Vattenne, remmoniu tentatore,
Che Antuonu non vo' chestu fa.
Sempre ru suo Dio vo' arorà.

Franco Noviello

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