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Il vasaio - "u vasoir"

Città e Territorio

Il vasaio - "u vasoir"


L'argilla è uno dei materiali più semplici e poveri. Mescolata con l'acqua si può modellare facilmente. Così si costruivano oggetti di uso domestico. A Gravina in Puglia avevamo: "la capois" (contenitore per diversi usi), "la lucern" (lampada a petrolio con la fiamma dallo stoppino ad olio), "u Ku'Km" (contenitore per alimenti), "la "pignoit" (contenitore più grande per alimenti), "u gravatt" (contenitore per alimenti usato dai contadini), "l'am'l" (contenitore d'acqua dei contadini). L'argilla è stata usata dall'uomo della preistoria per ottenere gli oggetti della civiltà contadina e non solo. Tutti contenitori utili per la vita sociale quotidiana. Antichissimo il mestiere artigianale di modellare l'argilla. Era il vasaio, "u vasoir", che si dedicava con passione a modellare l'argilla. L'antico "rione delle Fornaci" a Gravina, (da via San Sebastiano a via Quarto), sorto tra il sec. XVI e XVII, ove esercitavano botteghe di vasi e ceramisti, ci ricorda la notevole produzione di vasi di argilla che Gravina offriva al mercato di tutto l'hinterland. Il quartiere infatti ha origini sicuramente medioevale, perché il toponimo, ancora esistente "vico Figuli", a Gravina, dimostra che il termine è di derivazione latina e fu coniato intorno al XIII-XIV sec. quando un quartiere rupestre esisteva intorno alla chiesa di San Vito Vecchio. Pertanto prima di essere nominato Fornaci si chiamò "Figuli". L'insediamento, in quel luogo, dei vasi scaturì da una esigenza molto pratica e semplice: il reperimento dell'argilla dal luogo più immediato, più vicino, che era la collina di Pendino-San Girolamo (u P'nnein), a brevissima distanza dal luogo di lavorazione e cottura. A Gravina, quindi, c'erano antichi artigiani dell'argilla, i Figuli, che modellavano con quel movimento lento e ritmato, creando dalla materia informe degli oggetti unici. E' interessante, attraverso la toponomastica locale, scoprire l' arte e i mestieri della nostra città di Gravina. La storia dei Figuli è storia che ci appartiene. Ecco che lavorare la creta, l'argilla, con tecniche vecchie di secoli, ci ricorda sicuramente quel vecchio artigiano curvo sul suo arnese a pedale che faceva girare vorticosamente la massa d'argilla che, man mano, sotto le sue sapienti dita, prendeva forma, diventava un oggetto quasi con un' anima, mentre lo plasmava, lentamente, quasi accarezzandolo. Il tutto in un silenzio, rotto soltanto dal ritmico movimento del pedale del telaio mosso con perizia dal maestro artigiano. Nel corso dei vari secoli, a differenza di altri tipi di arte, che col tempo e con mezzi nuovi venivano migliorate e sviluppate, la tecnica della lavorazione dell'argilla è rimasta sostanzialmente invariata. Anche se dall' Ottocento in poi, le industrie hanno dato un forte incremento e una diversificazione della produzione di questi oggetti. In epoche remote, gli oggetti e i manufatti creati con l'argilla, venivano fatti asciugare "crudi", all' aria aperta. Col tempo si è scoperto, che questi oggetti, se venivano cotti in forni appositi, o anche su fiamma viva, riuscivano ad essere molto più resistenti e quindi si potevano decorare molto meglio, sia con i colori che con decorazioni fatte sull'argilla stessa, e le forme potevano essere molto più raffinate. Al materiale che usciva da questo nuovo procedimento che era la cottura, fu dato il nome di "terracotta". Oggi le pentole di terracotta sono le pentole ideali per cucinare quei piatti che richiedono una cottura senza sbalzi di temperatura. Con le pentole in terracotta portiamo a tavola tutto il repertorio dei sapori del passato, quelli della cultura contadina, quelli dei grandi focolari dove le massaie preparavano i sughi. Sono molto utili ma anche molto belle ed eleganti, ottime come ornamento nella nostra cucina.
Michele Gismundo
Fedele Raguso - Marisa D'Agostino, "In Gravina per le vie", Lito Pubblicità & Stampa, Bari 1984

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