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Il tappezziere - "u tapp'zier"

Città e Territorio

Gravina in Puglia Domenico Iurino, “u tapp’zier”

Domenico Iurino, "u tapp'zier" compie cinquant'anni di attività

Oggi la figura del tappezziere ormai rischia di scomparire e con lui tutta la storia e la tradizione di una professione che da sempre lega tecnica e arte in una cosa sola. Il concittadino Domenico Iurino, classe 1945 ha svolto per 50 anni a Gravina in Puglia l'attività artigianale di tappezziere. Si sente "in piena forma". Per l'occasione ha pensato di donare alla Fondazione "Ettore Pomarici Santomasi" l'ultimo dei suoi lavori, della sua arte: un antico divano dell'800 della famiglia di don Carlo Caputo, destinato alla rottamazione, restaurato e rimesso a nuovo, con particolare cura e maestria di rifiniture. Nelle mani artistiche di Domenico Iurino il vecchio divano è "risorto", pronto ad ornare pareti d'altri tempi come gli ambienti del museo "Santomasi". L'Associazione Archeoclub di Gravina ha "festeggiato" l'evento, ha esposto il divano, ha gratificato l'anziano artigiano per i suoi lunghi anni di attività come tappezziere. Iurino ci tiene a ringraziare i suoi primi maestri, che gli hanno "messo il martello tra le mani": Stefano Vicino di Gravina in Puglia e don Vito Cataldi di Bari, tappezziere e rivenditore di stoffe e tendaggi di pregevole fattura. In passato le botteghe per divani e tendaggi erano vere scuole di artigianato e di vita. Venivano usate paglia di lino e molle di rame per imbottire i divani. Il ino donava freschezza e la lavorazione a mano una straordinaria bellezza. Il divano si consegnava a casa del committente sulla "trainedd" e rappresentava il classico dono per il matrimonio. Era il divano ottomano, quel rarissimo divano classico, dalle fodere pregiate, "l'ottomoin", con una struttura piuttosto imponente e robusta, realizzato in legno di qualità, con l'assetto piuttosto basso ed un comodo schienale, sicuramente raro ed anche per questo molto ricercato dagli appassionati di arredo tradizionale. Comodo divano-letto per l'evenienza. Tra i primi artigiani a Gravina a costruire ottomani, afferma Iurino, ricordiamo don Peppino Arnese, padre di don Pierino, 88enne scomparso di recente ed il maestro Vincenzo Gramegna. Negli anni del boom economico gli Arnese furono i primi ad aprire a Gravina un negozio di mobili e arredamenti di alta qualità. Domenico Iurino è molto conosciuto a Gravina. Persona abile nei rapporti interpersonali, rispettoso della dignità di tutti e di ciascuno. Un tempo il mestiere era il mestiere di una vita. Il lavoro dell'artigiano, una volta, si cercava, si apprendeva e poi lentamente si imparava. Oggi certi mestieri fanno fatica a mantenersi, a tramandarsi. "Non c'è ricambio", afferma Iurino, che da qualche anno ha aperto un nuovo negozio- laboratorio per suo figlio. "Non è così facile apprendere un mestiere come questo perché richiede tempo. Non si può pensare di entrare e imparare tutto subito, servono anni, anche io non smetto mai di imparare, di migliorare e conoscere qualcosa in più. Se i tempi cambiano, le difficoltà e le soddisfazioni del mestiere, quelle rimangono, proprio come una volta, quando l'apprendista entrava presto, anzi prestissimo a lavoro, per poi uscirne tardi, adulto, formato e ricco di esperienza". Ci siamo mai chiesti chi e quanti ai giorni nostri sono in grado di capire cosa significa lavorazione artigianale, cioè conoscenza e amore al bello, del fare e creare con le mani e col cuore? Ormai la clientela viene subissata da una pubblicità commerciale spesso ingannevole, che propone prodotti di fattura artigianale, spacciando questo pregio solo per giustificare l'alto costo degli stessi. Per il futuro, guardando avanti con speranza ed ottimismo, ci aspettiamo dei cambiamenti, tali da rigenerare tutto il comparto artigiano, che in Italia ed in particolare nel Sud, vale tanto e produce tantissimo. Il desiderio di Domenico Iurino è "fare scuola", insegnare l'arte del tappezziere ai giovani studenti delle scuole. Per non disperdere tecniche e abilità manuali che un tempo hanno dato lustro e ricchezza a tante famiglie.
Michele Gismundo

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